venerdì 19 dicembre 2008

Traducción del texto de Emilio Salgari

I CORSARI DELLE BERMUDE (testo originale)


Un'impresa terribile

Sir William, appena terminata la battaglia si era ritirato nella sua cabina, mettendosi a tavola insieme col colonnello Moultrie e Howard.
Alla guerra ci si va con due sacchi, - disse ai suoi due compagni, i quali parevano un poco afflitti per il disastro subito dalle truppe federali. - Uno serve per le busse che si danno, l'altro per quelle che si pigliano. Sono cose che succedono.
E si mise a cenare con l'appetito d'un vero lupo di mare, niente affatto disturbato dagli spari dei quattro pezzi da caccia, che facevano tremare non solo la coperta, ma anche tutto il vasellame dell'elegante salotto.
Mangiò alla lesta, poi si alzò e depose la sua sciabola d'abbordaggio, staccando dalla parete una superba lama, una vero Toledo, e la osservò attentamente.
Che cosa fate, sir William? - chiese il colonnello.
Avete dunque dimenticato che io devo entrare in Boston? - rispose il Corsaro.
Questa notte!
Se non approfitto di questo momento in cui gl'inglesi, dopo tanto battagliare saranno forti di fatica ed occupati a curare i loro feriti ed a seppellire i loro morti, non so quale altra migliore occasione potrei attendere.
Ma volete proprio gettarvi in bocca al lupo!
Il Corsaro alzò le spalle, poi disse:
Lupo sono anch'io e di mare per di più, ed avrò abbastanza denti per difendermi. Mi avete promesso di guidarmi fino alla galleria che mette sotto le casematte.
È vero, sir William, e sono uomo da non mancare alle promesse dovesse anche costarmi la vita. Vorrei bensì attendere una occasione migliore.
Per lasciare intanto il tempo al marchese d'Halifax di costringere colle minacce o colla forza Mary di Wentwort a sposarlo? Ah, no!
Il suo viso era diventato improvvisamente cupo.
Questa spada - disse - deve bagnarsi del sangue degli Halifax.
Vorreste uccidere il marchese che, alla stretta dei conti, è vostro fratello?
Se entro in Boston, quell'uomo pagherà l'infame tradimento e mio padre mi perdonerà.
E poi?
Non ho alcun dubbio sul trionfo finale della vostra santa causa.
Apri una cassa e ne estrasse un vestito completo da ufficiale della marina inglese.
Lo sapevo - disse - che un giorno mi sarebbe stato prezioso.
Stava per spogliarsi, quando un baccano infernale si udì al di fuori.
Quelli della piazzaforte, avevano ripreso il bombardamento delle posizioni americane con una rabbia crescente.
Sparavano i forti, sparavano i ridotti, e navi e le batterie galleggianti, facendo cadere verso la Mistica e sull'altura di Bunker's Hill una vera pioggia di proiettili.
Il Corsaro mandò un urlo di rabbia.
Proprio questa notte! - esclamò. - Ah. maledetti!
Aveva gettato al suolo la giacca e si era fermato dinanzi ad una miniatura che rappresentava una fanciulla bionda cogli occhi azzurri.
Mary, - disse, mentre i suoi occhi sfavillavano - mi sfiori pure la morte, questa notte, Lellan sarà da te. Colonnello, - disse poi con una certa esaltazione - avete paura delle palle infuocate o delle bombe inglesi?
Mai, sir William.
Siete sempre deciso a mantenere la vostra promessa?
Sempre.
Signor Howard, chiamatemi Testa di Pietra e Piccolo Flocco. L'uno, senza l'altro, non potrebbe fare mai nulla.
Il secondo di bordo vuotò il bicchiere, e mentre i quattro pezzi da caccia ed i quattro mortai tuonavano terribilmente, salì sulla tolda. Anche i pezzi di dritta, avevano cominciato a sparare a colpì di bordata, facendo sussultare la corvetta.
Non era trascorso mezzo minuto, che il bretone scendeva nel quadro. Aveva in bocca la sua famosa pipa.
Sei pronto a venire con Piccolo Flocco - gli chiese sir William.
Dove, comandante?
A Boston.
La serata veramente non mi pare propizia, non per la mia pelle, perché è ormai troppo vecchia e non servirebbe nemmeno ad adescare i pescicani, bensì per la vostra.
Per la mia?... Me ne rido. - rispose il Corsaro. - E poi credo che la palla, piccola o grossa, che dovrà uccidermi, non sia stata ancora fusa.
Allora andiamo, - rispose il vecchio lupo di mare, lanciando in aria una nuvolata di fumo densissimo. - Vi sarà da menare le mani, comandante?
Forse anche troppo.
Non chiedo di meglio, e poi sapete che Piccolo Flocco, sebbene giovane, ha muscoli di acciaio. Per il borgo di Batz! È stato lui, nell'ultimo abbordaggio, che per primo è saltato sul ponte dell'inglese; e che sciabolate menava! Pareva un mulino a vento... Dobbiamo cambiarci? I baffi e le barbe sono già caduti.
Non è necessario.
E le armi?
Bastano un paio di pistole a doppia canna per ciascuno e la piccola sciabola d'abbordaggio.
Ai vostri ordini, comandante.
Sia pronta una scialuppa fra cinque minuti. Sul ponte e nella batteria si mantenga il fuoco.
Sì comandante.
Bevi.
Il bretone prese la grossa tazza che il Corsaro gli porgeva e d'un fiato la vuotò, borbottando poi:
Vivaddio! si beve meglio nel quadro che a prora.
Si rimise in bocca la storica pipa e se ne andò.
Il Corsaro gettò via le vesti, e indossò rapidamente una divisa da ufficiale inglese, accomodandosi sul capo una candidissima parrucca, come si usava in quel tempo.
Che cosa vi pare? - chiese a Howard e al colonnello americano.
Uhm! - disse quest'ultimo. - Non so in quale stato sarà ridotta la vostra eleganza quando avrete attraversata tutta la lunghissima galleria.
Un lampo terribile balenò negli occhi del Corsaro.
Vi sono tanti ufficiali di marina in Boston, - disse con voce tagliente - Qualora ne avessi bisogno, ne ucciderei qualcuno per prendergli la divisa.
Questi corsari hanno veramente fegato! - mormorò il colonnello americano con un sospiro. - Se ne avessimo duemila a nostra disposizione, a quest'ora non ci sarebbe più un inglese sul suolo americano.
Colonnello, siete pronto?
Ai vostri ordini, sir Mac Lellan.
Signor Howard, affido a voi la mia corvetta. Vi lascio un equipaggio invecchiato fra il fumo delle batterie e sempre pronto a montare all'abbordaggio. Cercate di conservarmi la nave e di aiutare più che potete i nostri nuovi amici.
Ne rispondo pienamente, - rispose il luogotenente. - Piuttosto di lasciarla cadere nelle mani di Howe, la farò saltare insieme a me e ai miei uomini.
Ci conto, - rispose il Corsaro.
Gli diede un'affettuosa stretta di mano, poi salì in coperta seguito dal colonnello.
Come la sera precedente il tempo si era messo al brutto. In lontananza l'Atlantico rumoreggiava sinistramente, ed il vento sibilava mentre grosse nuvole si addensavano in cielo.
Ecco una bella notte! - disse il Corsaro, mentre i mortai ed i pezzi da caccia sparavano simultaneamente, facendo sussultare la corvetta. - Amo le notti di tempesta e le notti di fuoco.
Testa di Pietra e Piccolo Flocco si erano fatti innanzi.
La scialuppa è pronta, comandante, - disse il primo.
Vi avverto che l'impresa sarà dura e che vi sono molte probabilità di lasciarvi la pelle.
Il bretone alzò le spalle e guardò, sorridendo, Piccolo Flocco.
Che cosa ne dici, piccolo squalo?
Il giovane gabbiere rispose con una risata argentina.
Che cosa si va a fare dunque alla guerra? - chiese poi. - Per darle o per prenderle; sono sempre stato pronto a darne più che ho potuto ed a riceverne il meno possibile.
Sei troppo chiacchierone, figliuol mio, - disse il bretone. - Un altro capitano, invece di starsene qui ad ascoltare le tue bravate, ti avrebbe regalata una magnifica pedata. Abusi troppo della bontà del baronetto.
Lascialo dire, Testa di Pietra, - disse il Corsaro. - Alla sua età piace chiacchierare.
Preferisco invece fumare e bere, capitano.
Andiamo.
Scesero la scala di tribordo, accompagnati fino alla piccola piattaforma da Howard e balzarono in una scialuppa montata da sei marinai e da un timoniere. Il colonnello americano vi era già.
Vi raccomando la mia corvetta - gridò un'ultima volta il Corsaro.
State tranquillo, sir - rispose Howard. - La rivedrete correre attraverso l'Atlantico.
Le palle fioccavano, ché gl'inglesi tentavano di ridurre al silenzio la corvetta, i cui mortai non cessavano di lanciare dentro la città le loro grossissime granate. Ma tirando essi a palle infuocate, era facile scorgerle in aria ed evitarle prima che cadessero, perché si lasciavano dietro una striscia fiammeggiante come i bolidi.
Il timoniere, sempre all'erta, ora faceva filare la rapida baleniera, ora la tratteneva, aspettando che i proiettili si sprofondassero nel fiume.
La traversata non durò che cinque minuti, ed i tre corsari e il colonnello americano presero terra senza aver provato gli effetti di quelle palle micidiali.
Quando udrete due colpi di pistola, verrete a riprendere me, Testa di Pietra e Piccolo Flocco, - disse sir William. - Non so però quale sarà la notte in cui torneremo a bordo. Aspettate qui il colonnello che deve fra poco ritornare sulla corvetta. Addio, ragazzi.
Buona fortuna, capitano! - risposero ad una voce i sette uomini della baleniera.
Una salita assai erta, ingombra di folti cespugli, si trovava dinanzi ai tre corsari.
Dove si trova la galleria? - chiese sir William al colonnello.
Non la chiamate galleria, - rispose l'americano. - È un passaggio strettissimo che non vi permetterà di avanzare che uno dietro l'altro.
Non importa. Dov'è?
Centocinquanta passi lontana da noi.
E la mina dove si trova?
Sotto le casematte; vi consiglio di non farla esplodere.
Non commetterò una simile sciocchezza. Resteremmo tutti schiacciati, e per ora non ho alcun desiderio di morire... Volete guidarci colonnello?
Sempre ai vostri ordini, sir William.
L'americano si orientò rapidamente, poi cominciò ad arrampicarsi. Le artiglierie tuonavano sempre.
Bella notte, vero, Testa di Pietra? - disse il Corsaro il quale seguiva da presso il colonnello.
Per il borgo di Batz! - rispose il bretone. - Mi pare di essere alle feste carnevalesche di Brest. Ma là piovevano allora fiori e confetti ed io, giovane mozzo, li prendevo sul viso senza protestare e i confetti li mangiavo ve l'assicuro. Non so quante purghe mi abbia fatto ingoiare la mia povera mamma, prima d'imbarcarmi pei banchi di Terranova... Bum! Un passo più innanzi e la mia vecchia pipa scoppiava come una mina.
È stata caricata con polvere?
No, signor comandante: di ottimo tabacco del Maryland.
Vattene sul campanile di Batz.
A suonare le campane! È troppo lontano, mio capitano... Bum! Un'altra!
Taci, eterno chiacchierone - disse il Corsaro. - Rimproveri Piccolo Flocco e sei peggio di un pappagallo.
Per il borgo di Batz! Avete ragione, mio comandante. Non me n'ero accorto.
In quel momento una palla piombò a pochi passi da loro, una palla destinata certamente alla corvetta e che, per poca forza del calibro del pezzo, si era arrestata a tre quarti di via.
Granata a palla infuocata! - disse il bretone. - Piccolo Flocco, ragazzo mio, va un po' a vedere. Salterai tu solo, se si tratterà di una bomba.
Fermi tutti! - comandò il Corsaro con voce imperiosa. - Guai a chi si muove! Tutti a terra!
Successe uno scoppio, seguito da un sibilare di proiettili e di frammenti di ferro e di ghisa solcanti l'aria. I quattro uomini, rimasero incolumi.
Grazie alla tua premura, Testa di Pietra - disse il giovane gabbiere. - Se fossi andato a raccogliere quel dolce inglese, a quest'ora non avrei forse più né le breccia né le gambe. Non ti obbedirò più.
Silenzio! - comandò il colonnello. - Siamo presso la galleria.
Ci sarà qualche sentinella da bucare? - chiese il bretone, il quale non voleva rassegnarsi a chiudere il becco.
Ma che! Avrete da percorrere, in salita, più di trecento metri, prima di trovarvi faccia a faccia cogl'inglesi.
Un'altra palla passò fischiando sulle loro teste, perdendosi in direzione della corvetta.
Non finisce più questa pioggia? - borbottò Piccolo Flocco. Comincia a diventare un po' seccante. Avessi almeno il cappotto d'incerato che la mia buona vecchia mi ha regalato!
Sì. Ti difenderebbe quello! - disse Testa di Pietra che lo aveva udito.
Il colonnello in quel momento si fermò dinanzi ad un altissimo gruppo di passiflore e, vi si cacciò risolutamente in mezzo, senza badare alle spine che gli laceravano l'abito. S'avanzò attraverso la macchia per circa dieci metri, poi chiese:
Chi ha l'occhio di bue?
Io - rispose Piccolo Flocco.
Accendetelo. Ormai non ci possono più vedere.
Testa di Pietra batté l'acciarino ed accese l'esca e quindi la piccola lanterna.
Si trovarono dinanzi ad una roccia altissima, alla cui base si apriva un buco.
Ecco il passaggio, - disse il colonnello. - Non potrete avanzare che strisciando come i crotali e non troverete che un po' di spazio nella camera di mina. Una delle pietre che servono di pavimento alla casamatta del bastione, che volevano far saltare, è stata già smossa e con un piccolo sforzo la solleverete facilmente. Agite con estrema prudenza e badate di non fare scoppiare le polveri.
Testa di Pietra, hai una cordicella incatramata in tasca?
Un buon marinaio ne ha sempre, capitano, - rispose il bretone.
Che cosa volete farne? - chiese il colonnello, un po' sorpreso.
Voglio risparmiarvi la fatica e il pericolo di far saltare il bastione e la casamatta - rispose tranquillamente il Corsaro.
Vi esporrete ad un rischio gravissimo.
Ci siamo abituati noi; e poi siamo venuti qui per agire e non per ascoltare il rombo delle cannonate.
Fate come volete. I miei compatrioti vi saranno riconoscenti.
Addio, colonnello. Spero di rivedervi presto.
Siate prudente - rispose l'americano con voce assai commossa. - Se vi prendono non vi risparmieranno.
Si strinsero un'ultima volta la mano e si separarono.
Il colonnello si cacciò fra le passiflore per raggiungere la scialuppa che l'attendeva sulla riva della Mistica, ed il Corsaro, presa la piccola lanterna, si cacciò nella galleria, seguito subito da Testa di Pietra e da Piccolo Flocco.




LOS CORSARIOS DE LAS BERMUDAS (texto traducido)

Una hazaña terrible

El señor William, apenas terminada la batalla, se había retirado en su cabina, sentandose a la mesa con el coronel Moultrie y Howard.
· Se va a la guerra con dos sacos, - dijo a sus compañeros, que parecían un poco afligidos por el desastre hecho por las trupas federales. – Uno sirve para las palizas que se dan, y otro para aquellas que se toman. Pasan cosas de estas.
Y se puso a cenar con el apetito de un verdadero lobo de mar, de ninguna manera disturbado por los disparos de las cuatro piezas para la caza, che hacían temblar no solamente la cubierta, sino también toda la vajilla del solón elegante.
Comió muy rápido, después se levantó y depuso su sable de abordaje, despegando de la pared una soberbia hoja, un verdadera Toledo, y la miró atentamente.
· Que está haciendo usted, señor William? – preguntó el coronel
· Entonces habéis olvidado que yo tengo que entrar en Boston´- contestó el Corsario
· ¡Esta noche!
· Si no aprovecho de este momento en el que los ingleses, después de tanto luchar serán fuertes de cansacio y ocupados a socorrer a los heridos y a enterrar sus hombres muertos, no sé si me aguardaría otra mejor ocasión.
· Entonces, quiere justamente lanzarse,¡buena suerte!
El Corsario se encogió de hombros y luego dijo:
· Yo también soy lobo y, además, de mar y tendré bastante dientes para defenderme. Me ha prometido que me conduja hacia la galería que tiene el pie en el cuello de las casematte.
· Es verdad, señor William, y yo soy un hombre que no falta a las promesas aunque me cueste la vida. Sin duda, querría etender por una ocasión mejor.
· Para dejar el tiempo al Marqués de Halifax de constringir con las amenazas o con la fuerza a Mary de Wentwort para casarlo? Claro que no!
De improviso,su cara se había vuelto oscura
· Esta espada – dijo- tiene que mojarse de la sangre de los Halifax.
· ¿Querría matar al marqués,que a fin de cuentas, es su hermano?
· Si entro en Boston, aquel hombre pagará la vil traición y mi padre me perdonará.
· ¿Y luego?
· No tengo duda alguna sobre el triunfo final de su santa causa.
Abrió una caja y sacó un vestido completo de oficial de la marina inglés.
· Ya lo sabía – dijo – que un día me habría sido útil.
Estaba a punto de desnudarse, cuando se oyó un ruido muy fuerte de afuera.
Los de la plaza fuerte habían vuelto a bombardar las posiciones americanas con una rabia creciente .
Disparaban los fuertes, disparaban los reducidos, y los barcos y las bacterias flotantes, que hacían caer hacia la Mistica y sobre la altura de Bunker’s Hill una verdadera lluvia de proyectiles.
El Corsario pegó un grito de rabia.
· ¡Justo esta noche! - exclamó - ¡Malditos!
Había tirado al suelo la chaqueta y se había parado delante de una miniatura que representaba una mujer rubia con los ojos azules.
· Mary, - dijo, mientras que sus ojos chispeaban – que me roce la muerte también,esta noche Lellan estará contigo. Coronel, dijo después con una cierta exaltación – ¿tiene usted miedo de las bolas de fuego o de las bombas inglesas?
· Nunca, Señor William
· Todavía, está decidido a mantener la promesa?
· Siempre.
· Señor Howard, llameme Cabeza de Piedra y Pequeño “Flocco”. El uno sin el otro, no podría hacer nada y nunca.
El segundo de bordo vació el vaso, y mientras que las cuatro piezas de caza y los cuatro morteros tronaban terriblemente, salió sobre la toldilla. Los pedazos de derecha, habían empezado a disparar con golpes de andanada, haciendo subrasaltar la corbeta.
No había transcurrido ni medio minudo, que el bretón bajó en el cuadro. Tenía en la boca su famosa pipa.
· Estás listo para venir con Pequeño “Flocco” – Le preguntó el señor William.
· ¿Dónde?,comandante
· En Boston
· La verdad es que esta noche no me parece propicia, y no es por mi piel, porque ya es demasiado vieja y no serviría tampoco para angatusar los tiburones, sino por la vuestra.
· ¿Por la mía?...Me río. – contestó el Corsario. – Y creo que además la bola, pequeña o grande, que tendrá que matarme, todavía no se ha fundido.
· Pues, vamos – respondió el viejo lobo de mar, lanzando en el aire una nube de humo muy denso. – Se tendrá que llegar a las manos, comandante?
· Quizá demasiado.
· No pido algo mejor, ya sabéis que Pequeño “Flocco”, aunque sea joven, tiene musclos de acero. ¡Por el barrio de Batz! En el último abordaje, él ha sido lo que ha saltado por primero en el puente inglés; y ¡vaya sablazos que golpeaba! Parecía un molino de viento…¿Tenemos que cambiarnos? Los bigotes y las barbas ya se han caído.
· No es necesario.
· ¿Y las armas?
· Hacen falta solamente un par de pistolas a doble canón para cada uno y la pequeña sable de abordaje.
· A su disposición,comandante
· Que est lista una chalupa en cinco minutos. En el puente y en la bacteria, que se mantenga el fuego.
· Claro, comandante.
· Bebe
El bretón cojió la grande taza que el Corsario le estaba ofreciendo y de una vez la vació y luego, refunfuñando dijo:
· ¡Voto a Dios! Mejor se bebe en el cuadro que en la proa.
Se volvió a meter en la boca la histórica pipa y se fue.
El Cursario tiró su ropa y se puso rapidamente una uniforme inglés, y se puso en la cabeza una candidísima peluca,como se usaba en aquel tiempo.
· ¿Qué les parece? Le preguntó a Howard y al coronel americano.
· ¡Uhm! - dijo el coronel – No sé en que estado será vuestra elegancia cuando había atravesado la larguísima galería.
Los ojos del Corsario relampaguearon terriblemente.
· Hay muchos oficiales de marina en Boston, - dijo con voz mordaz –
· Estos corsarios ¡tienen hígados de verdad! – murmuró el coronel americano con un suspiro. – si hubieramos dos mil a nuestra disposición, ahora no habría ni un inglés en el suelo americano.
· Coronel, ¿está listo?
· A su disposición, señor Mac Lellan
· Señor Howard, dejo en su mano mi corbeta. Le dejo un equipaje envejecito entre el humo de las bacterias y siempre listo para saltar al abordaje. Intente guardarme el barco y ayude a nuestros nuevos amigos lo más que pueda.
Es mi responsabilidad, - respondió el lugarteniente. – Mejor que dejarla caer en las manos de Howe, la haré saltar junta a mis hombres y yo.
Conto con usted - respondió el Corsario
Le dió afectuosamente la mano, luego subió en cubierta acompañado del coronel.
El tiempo se había puesto malo, como pasó la noche pasada. A lo lejos el Atlántico murmuraba sinistramente, y el viento silbaba mientras que grandes nubes se espesaban en el cielo.

· ¡ésta es una noche bonita! – dijo el Cursario, mientras que los morsero y las piezas de caza disparaban simultaneamente, haciendo sobresaltar la corbeta. – Amo las noches de tempestad y las noches de fuego.
Cabeza de Piedra y Pequeño “Flocco” iban adelante.
· La chalupa está lista, comandante, - dijo el primero
· Os advierto que la hazaña será dura y que esiste muchas probabilidades que perdáis el pellejo.
El bretón se encogió de hombros y miró sonriendo Pequeño “Flocco”.
· ¿Qué piensas, pequeño tiburón?
El joven gaviero respondió con una risa argentina.
· ¿Entonces, qué vais a hacer a la guerra? – preguntó después. – Para pegarlas y para tomarlas; siempre he estado listo a pegarlas hasta más no poder y a recibirlas lo menos posible.
· Eres demasiado charlatán, hijo mío, - dijo el bretón – otro capitán, en cambio de estar aquí escuchando tus bravatas, te habría regalado una magnifica patada. Abusas demasiado de la bondad del baronet.
· Deja decirlo, Cabeza de Piedra, - dijo el Corsario. – A su edad le gusta charlar.
· En cambio, prefiero fumar y beber, capitán.
· Vamos.
Bajaron la escalera de estribor , acompañados por Howard hacia la pequeña plataforma y brincaron en una chalupa montada por seis marineros y un timonel. El coronel americano ya estaba allí.
· Le encomendo mi corbeta – gritó por la última vez el Corsario
· Que esté tranquilo, señor – contestó Howard. – La volverá a ver correr en el Atlántico.
Las bolas llovían, porque los ingleses intentaban reducir al silencio la corbeta,cuyos morsero no paraban de lanzar dentro de la ciudad sus grandísimas granadas.Pero, puesto que tiraban bolas de fuego, era fácil atisbarlas en el aire y evitarlas antes de que cayeran, porque dejaban una tira de fuego como los bólidos.
El timonel, siempre alerta, bajaba el rápido ballenero y lo retenía, esperando que los proyectiles se arrojaran en el río.
La traversía duró sólo cinco minutos, y los tres corsarios y el coronel americano tomaron tierra sin haber probado los efectos de aquellas bolas mortales.
· Cuando oigais dos tiros de pistola, vendrais a buscar Cabeza de Piedra, Pequeño “Flocco” y yo, - dijo el señor William. – Pero no sé que noche volveremos a bordo. Esperad aquí el coronel que dentro de poco volverá a la corbeta. Adiós, chicos.
· ¡Suerte, capitán! – respondieron al unísono los siete hombres del ballenero.
Una calle muy empinada , obstruida por espesos matas, se encontraba delante de los tres corsarios.
· ¿Dónde se encuentra la galería? – preguntó el señora William al coronel.
· No la llaméis galería, - contestó el americano. – Es un paso muy estrecho que os permitirá proceder uno tras otro.
· No pasa nada. ¿Dónde está?
· Cientocincuenta pasos lejos de aquí.
· Y la mina ¿Dónde está?
· Bajo las casematte; os aconsejo de no hacerla explotar.
· No voy a cometer una semejante estupidez. Todos permaneceremos aplastados, y ahora no deseo morir..¿ Quiere usted conducirnos coronel?
· Siempre a su disposición, señor William.
El americano se orientó rapidamente, y luego empezó a escalar. Las artillerías seguían tronando.
· Vaya noche bonita, ¿no es cierto, Cabeza de Piedra? – dijo el corsario que seguía el coronel.
· ¡Maldición! - respondió el bretón. – Parece que estoy a las fiestas de carnaval de Brest. Pero allí, llovían flores y confites y yo, joven grumete, los tomaba en la cara sin protestar y comía los confites, se lo puedo asegurar. No tengo ni idea de cuantas purgas mi pobre madre me haya hecho tragar, antes de embaracarme por los bancos de Terranova…¡Bum! Un paso más adelante y mi vieja pipa explotaba como una mina.
· ¿Se ha cargado con la pólvora?
· No, señor comandante: de buen tabaco de Maryland.
· Vete encima del campanario de Batz.
· ¡Para tocar las campanas! Está demasiado lejos, capitán mío…¡Bum! ¡Otra!
· Callate, eterno charlatán – dijo el Corsario. – Reprochas a Pequeño “Flocco” y tu eres peor que un papagayo.
· ¡Maldición! Tiene razón, comandante mío. No me había dado cuenta.
En ese momento, una bola cayó a pocos pasos de ellos, una bola destinada seguramente a la corbeta y que, a causa de la poca fuerza del calibre de la pieza, se había parado a poco más de la mitad de la dirección.
· ¡Granada a bola inflamada! – dijo el bretón. – Pequeño “Flocco”, hijo mio, vete a ver. Sólo tu saltaras, si se trate de una bomba.
· ¡Alto ahí! – mandó el Corsario con voz imperiosa. – ¡Ay de quien se mueve!
Se disparó, y luego un silbar de proyectiles y de fragmentos de hierro y de arrabio que cruzaban el aire. Los cuatro hombres quedaron ilesos.
· Gracias a tu apuro, Cabeza de Piedra – dijo el joven gaviero. – Si hubiera ido a recoger ese dulce inglés, puede ser que ahora no tendría ni los brazos, ni las piernas. No te voy a obedecer nunca más
· ¡Silencio! Mandó el coronel. – Estamos cerca de la galería.
· ¿Habrá alguna centinela de disparar? – peguntó el bretón, que no se resignaba a cerrar el pico.
· ¡Qué no! Tendrá que recorrer más de treciento metros, en cuesta arriba, antes de encontrarse cara a cara con los ingleses.
Otra bola pasó silbando encima de sus cabezas, perdiendose en dirección de la corbeta.
· ¿No va a parar de llover? – refufuñó Pequeño “Flocco”. – Empieza a ser un poco fastidiosa. A tener por lo menos el abrigo impermeable que me ha regalado mi buena madre.
· Si. Te defendería eso. – dijo Cabeza de Piedra que lo había oido.
En aquel momento el coronel se paró delante de un altísimo grupo de pasifloras y, se metió resolutivamente en medio de ellas, sin tener cuidado de las espinas que le laceraban el traje. Adelantó por el matorral por aproximadamente diez metros, luego preguntó:
· ¿Quien tiene el ojo de buey?
· Yo – contestó Pequeño “Flocco”
· Encendelo. Ya no pueden vernos
Cabeza de Piedra batió el eslabón y encendió el cebo y luego el pequeño farol. Estaban delante de una roca altísima, a cuya base se habría un hueco.
· Aquí está el paso, - dio el coronel. – Podéis adelantar solamente arrastrando como crótalos y encontraréis solamente un poco más de espacio en el cuarto de la mina. Una de las piedras que sirven de suelo a la casamata del bastión, que querían hacer saltar, ya ha sido desatada y con un pequeño esfuerzo la levantaréis con facilidad. Agid con extrema prudencia y tened cuidado para que no se explote la pólvora
· Cabeza de Piedra ¿Tienes una cuerdita embreada en el bolsillo?
· Un buen marinero siempre lleva una, capitán, - respondió el bretón.
· ¿Qu queréis hacer? – preguntó el coronel, un poco sorprendido
· Quiero ahorrarle la fatiga y el peligro de hacer saltar el bastión y la casmata – respondiç tranquilamente el Corsario.
· Correréis un riesgo muy grave.
· Nosotros estamos acostumbrados; y además, hemos venido aquí para agir y no para escuchar el estruendo de los cañonazos.
· Haga lo que quiera. Mis compatriotas estarán agredecidos.
· Adiós, coronel. Espero volver a verle pronto.
· Sea prudente – respondiò el americano con voz muy conmovida. – Si le van a coger, no le van a perdonar.
Se apretaron la mano por última vez y se separaron.
El coronel se metió por las pasifloras para alcanzar la chalupa que le estaba atendiendo en la orilla de la Mistica, y el Corsario, cogido el pequeño farol, se metió en la galería, acompañado por Cabeza de Piedra y Pequeño “Flocco”.






giovedì 4 dicembre 2008




La discoteca Pachá sortea una operación de aumento de pecho que vale 4.500 euros

18.11.2008


El sorteo será el próximo día 5 de diciembre entre los asistentes al local.
La Generalitat lo denunciará en el juzgado si no se retira.
El portavoz de los cirujanos tacha de "frivolidad" el sorteo.


La discoteca valenciana "Pachá" sorteará el próximo 5 de diciembre entre los asistentes al local una operación de aumento de pecho valorada en unos 4.500 euros, según ha precisado hoy el gerente del establecimiento, Carlos Monsell. Esta operación será llevada a cabo por un "prestigioso" cirujano de la ciudad -según Monsell, quien ha preferido no facilitar por el momento la identidad- y en el paquete contratado se incluye una noche de hospitalización.
La afortunada podrá someterse a otro tipo de operaciónTambién ha explicado que en el caso de que la persona a la que le toque el sorteo prefiera someterse a otro tipo de operación estética podrá cambiar el aumento de pechos por otra intervención, ya que lo que sortean es, "como un bono", en el que se puede optar también "por la fotodepilación o inyecciones de bótox". Los sorteos de este tipo de operaciones surgieron este año en Argentina, donde en algunas provincias llegaron incluso a prohibirlas, tras la fuerte polémica desatada en torno a este asunto, aunque los organizadores también tienen constancia de iniciativas similares en Alemania.
Los sorteos empezaron en Argentina y tuvieron mucha polémica"No esperábamos el lío este que se está montando. La sociedad es un poco hipócrita, ya que esta realidad social existe, y Valencia es una de las zonas donde más", ha argumentado Monsell sobre las operaciones de cirugía estética.
Rechazo de los médicos
El portavoz de la Sociedad Española de Cirugía Estética, Plástica y Reconstructiva en Valencia , Salvador Rodríguez-Camps, ha asegurado que la iniciativa anunciada por una discoteca de sortear una operación de aumento de mamas entre los asistentes a una de sus fiestas "frivoliza con la salud". "Es inaceptable e inadmisible", ha añadido Rodríguez-Camps, quien ha subrayado que de esta forma se está produciendo "una frivolización de un acto psico-quirúrgico como es la cirugía estética". "Nadie se plantea sortear una operación de apendicitis o una prótesis de cadera, por ejemplo", ha recordado.
La Generalitat lo denunciará
La directora general de la Mujer de la Generalitat, Celia Ortega, ha anunciado que su departamento está estudiando la manera de impedir la celebración de este sorteo y estudia ir a los tribunales si no se retira.



Comentario

El artículo que acabo de leer se publicó el dia 18 de Noviembre 2008 y expone la polémica que ha surgido después de la oportunidad que una famosa discoteca de Valencia quería ofrecer a las jovenes clientes del local: el sorteo de una operación para aumentar el pecho.
Entonces, ha nacido la discusión sobre el hecho de que la cuestión de que una chica pueda ganar una operación de cirugía en una discoteca sea algo justo o inmoral.
Hay dos partes distintas : personas que piensan que no es negativo que la discoteca ofrezca la oportunidad de ganar una operación de senos y del otra parte hay quien piensa que sea algo inaceptable e inamisible.
Tanto el Ministerio de la Salud como el Ayuntamiento de Valencia han anunciado su decepción sobre el problema y han declarado que van a abrir expedientes sobre el hecho y que van a poner enseguida una denuncia en los juzgados.
Además, el Ministerio de la salud está firmemente convencido del hecho de que la cirugía reparadora es competencia del mismo y esige que los responsables de la discoteca misma pidan disculpa y retiren el sorteo.
Del otro lado, están los representantes de la discoteca que creen que los sectores que se sienten ofendidos, han malentendido porque lo único que la discoteca quería hacer es ofrecer la oportunidad a sus clientes para ahorrar mucho dinero para un tratamiento estetico como este.
Yo creo que no hay que confundir entre la salud y la diversion: realizando un sorteo en el que se gana una operacion de cirugia estética,éste se pone al mismo plan de un sorteo de un viaje, por ejemplo.
De hecho, pienso que, como la cirugía es algo relacionado con la salud, no se pueda poner al mismo nivel de la diversión, aunque hoy en día la operación de senos es considerada como algo ordinario.
Creo que tenemos que echar la culpa unicamente a la sociedad en la que vivimos, que está hecha por imagenes de perfecció n ficticia que nos ayudan a perder nuestra autostima. Y es por eso que sorteos como lo de que tratan los artículos tienen gran éxito entre los jóvenes, que no confían en su propia imagen.

Describir un cuadro: "La pesadilla" de Heinrich Fussli


Heinrich Fussli es un artista de Zurigo que pintó el cuadro en época romantica y lo tituló “La pesadilla”.
Echando un primer vistazo, se puede entender muy bien la motivación por la que Fussli quise titular la obra de esta manera: la imagen confiere una sensación de angustia y casi de miedo.
En primer plano se puede ver una mujer rubia y rizada quel leva un vestido blanco y que parece durmida en la cama de su habitación. En cima de ella hay un ser que podemos identificar con una mona o un chimpancé.
En segundo plano, hay un caballo que sale de la oscuridad pero no se ve muy bien porque es un caballo negro. Detrás de él hay unas cortinas rojas.
Podemos percibir el hecho de que la luz venga del lado izquierdo por la sombra del caballo mismo en las cortinas.
Para entender el sentido total de la obra hay que tomar en consideración el periodo en el que el artista pintó el cuadro y sobre todo su pensamiento: lo que quiere representar no es la realidad objetiva sino lo que hay en el alma de la mujer misma.
El artista quiere describir lo que sale de la cabeza de la mujer mientras que ella está durmida: son sentimientos de tormento, angustia y inquietud, personificados por los personajes que hay en la obra.

mercoledì 3 dicembre 2008

El catalán

De la edición del 22 Junio de 2007 del periódico español 20 minutos

Más de nueve millones hablan ya catalán
EUROPA PRESS. 22.06.2007 - 20:42h

Según datos de la Secretaría de Política Lingüística de la Generalitat.
Ocupa el puesto número 88º en el ranking de las lenguas más habladas del mundo.
Le siguen el búlgaro y el sueco, con 9 millones de hablantes cada uno.
Existen 6.800 lenguas repartidas en más de 200 estados.
Ya hablan catalán más de nueve millones de personas, pasando a ocupar esta lengua el puesto número 88º en el ranking de las más habladas del mundo, según informa la Secretaría de Política Lingüística de la Generalitat.
A los 9.118.882 parlantes del catalán, le siguen el búlgaro y el sueco, con 9 millones de hablantes cada uno.
Más de 6.500 lenguas
Según las estadísticas de esta institución, en 2003 había en esta región 7,13 millones de personas, de las cuales, el 85% sabía hablar catalán y el 97% lo entendía.
Otras comunidadesLas cifras bajan en la Comunidad Valenciana, que con casi cinco millones de habitantes, el 53% lo habla y el 76% lo entiende, mientras que en Baleares, con un millón de ciudadanos, lo hablan un 75% y un 97% lo entiende.
La nota discordante la ofrece la región situada cerca de sur de Francia, con 422.207 habitantes, de los que sólo lo sabe hablar el 37% y lo entiende el 65%.
El resto de lugares tiene 40.000 y 80.000 habitantes y en su mayoría lo hablan y lo entienden, es el caso de Andorra, Franja de Ponent (en Aragón) y L'Alguer (la isla italiana de Cerdeña)


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......Para saber un poco más sobre el idioma.......




El catalán

El catalán es una lengua romance occidental que deriva del latín vulgar. Gracias a los estudios de un importante filólogo, Germán Colón, se destaca el hecho de que el catalán presenta muchos aspectos comunes con las lenguas románicas: morfología, fonética, sintaxis, léxico.
La lengua catalana es propia de las zonas de España situadas en la parte de occidente, es decir: Cataluña, Islas Baleares y la Comunidad de Valencia. El catalán se habla también en el Alguer de Cerdeña (Italia), en Andorra, en Aragón y en la Cataluña del norte (Francia).

Extensión geográfica

Actualmente, la lengua catalana eshablada en el Este de la Península Ibérica y en una pequeña parte de Francia, en los alrededores de los Pirineos. Por lo que se refiere al territorio de España, el catalán es presente en Cataluña (Barcelona, Tarragona, Gerona y Llérida), en Andorra, en las Islas Baleares y en Valencia. Por lo que se refiere al territorio francés, la difusión del catalán se presenta en la zona de Rosellón.
Se puede trazar una línea imaginaria que divide la zona del catalán occidental, que comprende las ciudades de Alicante, Valencia, Lleida y Andorra, de la zona del catalán oriental, que comprende las ciudades de Tarragona, Barcelona, Girona, las Islas Baleares, Perpinyá y Alguer.






Las variedades dialectales

Dentro de la lengua catalana se pueden evidenciar cinco distintos grupos dialectales divididos por zonas: el catalán occidental, que comprende el dialecto valenciano y el norte-occidental, y el catalán oriental, que comprende el dialecto central, balear, rossellonés y alguerés (septentrional).
La diferencia principal que merece la pena destacar ya a partir de ahora, es un cambio sensible en las vocales átonas de una variedad a otra.
Los fenomenos vocálicos son respectivamente siete: a,i,e,e,u,o,o.
Por lo que se refiere al catalán central, la vocal a,e y e se neutralizan y realizan la vocal neutra . Tenemos que destacar que el término neutralización no quiere decir confundir una vocal por otra.
En cambio, las vocales u, o y o se neutralizan en la vocal u. En conclusión, el vocalismo átono de la zona central, es decir lo que pertenece a las ciudades de Barcelona y Tarragona, interesa las vocales i, u y la vocal neutra .
Lo que pasa en la zona noroccidental y la de la ciudad de Valencia es aproximadamente lo mismo, pero las vocales e y e se neutralizan en e. Lo mismo pasa con las vocales o y o que se neutralizan en o. Entonces, el vocalismo de esta zona resulta más variado que el antecedente porque aparecen las variaciones de las 5 vocales : a, e, i, o, u.
En cambio, en el área de las islas Baleares, se añade a los siete fonemas de la lengua, la vocal neutra acentuada. En general, se mantienen las mismas variaciones del dialecto de la lengua catalana central.
Por lo que se refiere a la zona de Rossellón, el vocalismo tónico es más pobre porque no se distingue entre las vocales abiertas y cerradas. La o cerrada se transforma en u. Luego, el rosselonés tiene las mismas características del catalán central.
Por otra parte, en las hablas de Alguer en Cerdeña, se encuentran las mismas variaciones del catalán oriental pero hay que destacar el hecho de que las vocales e y e se neutralizan en la vocal a.

Ahora bien, la lengua catalana es presente en muchas partes de España, y cada sitio tiene sus variaciones por lo que se refiere a la pronunciación de las palabras.
Tomamos en consideración el caso de las islas Baleares. Como se sabe bien, la inmigración hacia las islas ha sido un fenómeno muy importante y la población se ha distribuido de manera muy desigual.
La diferencia de difusión de la población en estos territorios ha provocado diferenciaciones lingüísticas muy fuertes que automáticamente condicionaron y siguen condicionando la manera de vivir y el comportamiento de la gente que vive en las islas mismas.

La población balear tiene un conocimiento muy alto del catalán aunque, por supuesto, el castellano es muy difundido, puesto que es la lengua utilizada por los medios de comunicación: de todos modos, es mucho más usual no conocer la lengua catalana que no conocer el castellano. Entonces, es obvio que se use el castellano más frecuentemente, sobre todo con personas desconocidas, o castellanohablantes, etc...

Un caso particular: el valenciano

La diferencia entre catalán y valenciano tiene raices muy antiguas y fuertes. Por esta razón, hoy en día, se ha llegado al reconocimiento efectivo del valenciano como una verdadera lengua.
Inicialmente, en el Estatuto de Valencia, la lengua valenciana fue implantada por los repobladores de los condados de la Marca Hispánica que se establecieron en esta zona en consecuencia de la conquista de Jaime I el Conquistador.
En el territorio de Valencia, entonces, los idiomas que presentes eran, por supuesto, el valenciano pero también el castellano, hablado en algunas zonas con frontera con Aragón.
Entre los siglos XV y XVIII se asiste a un proceso de normalización de la lengua: se crean los primeros vocabularios y libros de gramática valenciana, que se siguieron desorrándose a lo largo de los años siguientes.

En 1982 se promulgó un estatuto en la Comunidad de Valencia que declaraba:
- Los idiomas oficiales de la Comunidad de Valencia son el valenciano y el castellano. Todos tienen derecho a conocerlos y utilizarlos.
- La Generalidad Valenciana garantizará el uso normal y oficial de las dos lenguas y adoptará las medidas necesaria para asegurar su conocimiento.
- Mediante esta ley se delimitarán los territorios en los que predomine el uso de una y otra lenguas , así como los que puedan exceptuarse de la enseñanza y el uso de la lengua propia de la Comunidad.

Con este estatuto, se reconoce de forma oficial tanto el castellano como el valenciano como lenguas oficiales del Estatuto de Valencia. El valenciano es considerado como una verdadera marca de distinción para la población valenciana y por lo tanto es importante a nivel histórico, social y cultural. Ahora bien, la población valenciana se encuentra en un estado de diglosía donde el castellano y el valenciano tienen casi la misma importancia.
Se destaca el hecho de que no estén al mismo nivel porque, por cierto,hay una desigualdad entre las dos que en parte se superará con la emanación, el 23 de noviembre de 1983, de una ley sobre el uso y la enseñanza del valenciano. Esta misma ley quiere equiparar el valenciano con el castellano, presuponiendo la eliminación de cualquiera discriminación lingüística.

El valenciano en sí mismo comprende otros subdialectos que dependen de la zona de influencia de los mismos: el valenciano de transición o tortosí (septentrional), el castellonense o de la Plana, el central o apitxat, el meridional y el alicantino. Las diferencias son esencialmente fonéticas.


El valenciano tortosí

Es considerado como un subdialecto de transicción entre el catalán noroccidental y los dialectos valencianos. Se habla en el Maestrazgo, en Los Puertos de Morella en la provincia de Castellón, en Matarraña en la provincia de Teruel, Montsià, Bajo Ebro, Terra Alta y en provincia de Tarragona.
Sus particularidades son:
- Se quita la –r al final de los verbos: cantar > cantà
- La prima persona del presente toma la desinencia –o (jo pense > jo penso)
- Conservación de la –d intervocálica


El valenciano castellonense o de la Plana

Es muy parecido al valenciano meridional y no se destacan características particulares porque puede ser englobado en el valencià general. Se habla en la zona sur de la provincia de Castellón.
- El fonema fricativo palatal de Caixa tiende a pronunciarse como el fonema /s/.
- El grupo final –ts suena parecido al grupo final –ch.
- Se neutralizan los fonemas b y v.

El valenciano apitxat

Este dialecto es hablado principalmente en una zona llamada la Huerta de Valencia y en sus alrededores. Es útil destacar la presencia de algunas particularidades a nivel fonético.
Antes que todo, este dialecto se caracteriza por tener un fenómeno fonético muy peculiar: el ensordecimiento de las consonantes sibilantes sonoras. Esto quiere decir que la /z/ sonora de "casa" se pronuncia como en castellano "casa" y la africada palatal /dʒ/ de "gent" o se articula sorda igual que el fonema /tʃ/ (como la "ch" del castellano): de eso, gent > "chent".
Otras particularidades que sería útil subrayar son:
1. La ensonorización de las fricativas y de las velares del catalán.
2. La neutralización de las consonantes b y v.
3. El uso de muchos castellanismos.
4. las consonantes finales delante de pausa se duplican y generan un refuerzo vocálico de tipo central: nit > ['nittë], poc > ['pɔkkë], colp ['kɔlppë]. Esta [ë] representa un sonido central muy breve semejante a la -e final del francés (petite) o del portugués.
El valenciano meridonal
Está localizado en la mitad sur de la provincia de Valencia y la mitad norte de Alicante. Es considerado como el valenciá general y presenta algunas caracteristicas:
- Mantiene en posición final la /v/ y la /r/
- Mantiene las consonates dobles /ll/ y /nn/
- No ensordece las sibilantes sonoras (excepto en las ciudades bajo influencia del dialecto apitxat, o se,a en Gandia y Játiva)


El valenciano alicantino
Se extende en la zona más al sur, en los territorios que comprenden la ciudad de Alicante y sus alrededores. Está caracterizado por :
- La no pronunciación de la /i/ cuando se encuentra delante de palatal fricativa sorda.
- La /r/ en posición final no se pronuncia, como pasa en el valenciano septentrional y en la lengua catalana en general.
- No se pronuncia tampoco la /d/ intervocálica à roda (rueda) > roa
- Se eliden también consonantes intervocálicas como /r/ o /s/
- Hay muchos castellanismos.
En conclusión, la lengua que se diferencia más entre los varios subdialectos del valenciano es, sin duda, el valenciano apitxat que presenta muchas peculiaridades: de hecho, su habla y sus particularidades fonéticas se consideran como las más diferentes dentro del entorno de los subdialectos valencianos.

El castellano y el catalán

Marco histórico
Uno de los problemas que más preocupan a los lingüistas es la colocación del catalán dentro de los bloques iberorrománico o galorromànico, que pertenecen a la Romania occidental. A través de los estudios de los filólogos, se ha intentado contestar a esta pregunta. Desafortunadamente, los resultados no fueron satisfactorios porque no se puede inglobar el catalán en una u otra zona, siendo considerado como lengua de unión o división de la zona iberorromance y de la galorromance.
De todos modos, el catalán presenta mucho más rasgos arcaizantes que el castellano, eso quiere decir que es más cercano a su lengua de origen, el latín. Además, el vocabulario catalán no se puede colocar al mismo nivel del vocabulario castellano.
Históricamente, el catalán ha llegado a parecer al castellano, pero sin modificar su índole: a partir del año 1400 hubiera palabras muy cercanas al idioma castellano.
Por otra parte, las diferencias entre castellano y catalán suelen ser muchas: primero hay que destacar el hecho de que en la lengua catalana existen lexemas diferentes del español. Es útil dar una definición a la palabra lexema: se trata de una unidad léxica que carece de morfemas (como la palabra luz).

Estas diferencias entre el catalán y el castellano, así como entre todas las lenguas de la Península Ibérica, es debida al hecho de que también su lengua de origen, el latín, era muy fragmentado. Por esta razón, las diiferencias se mantuvieron también durante el desarrollo de los idiomas de derivación latina, a pesar de la cercanía territorial.
De ahí derivan las diferencias entre los distintos hablas ibéricas. Por ejemplo, las afinidades léxicas entre el portugués y el castellano son muy amplias mientras que si tomamos en consideración el catalán frente al castellano, vamos a encontrar muchas menos semejanzas. De hecho el habla catalán se acerca más al del occitano (lengua d’oc) que al del castellano.
Vamos a destacar también el aspecto árabe. Los arabismos hoy en día son menos frecuentes que en los siglos XIII, XIV y XV. En castellano, los arabismos son 54 mientras que en catalán son 29.
A partir del siglo XV, el catalán cambia su orientación y deja de ajustarse a la lengua d’oc para acercarse más a las características ibéricas. Los castellanismos se hacen más frecuentes en los siglos XVI y XVII, en coincidencia con el período de decadencia del catalán, en el período del Siglo de oro español. Luego se introducen también términos castellanos en el ámbito de la administración y en el de la ciencia.
Con el período de la Renaixença, en el siglo XIX, se intenta un proceso de depuración del catalán con la creación del “Institut d’Estudis Catalans” que consiguió poner un límite a la “castellanización” del catalán, sobre todo por lo que se refiere al ámbito escrito .
Al acabarse de la Guerra Civil de 1936/1939 empezó una recuperación de los castellanismos. Después, asistimos a un fenómeno diglósico que todavía sigue: por fenómeno diglósico se entiende un proceso donde la lengua oficial (el castellano) se habla sólo en ámbito formal mientras que la lengua subordinada se habla en situaciones más coloquiales (catalán).
Léxico
El castellano y el catalán son lenguas diferentes tanto a nivel lingüístico como a nivel léxico. Hay dos grande zonas en que se puede dividir la lengua catalana, por lo que se refiere al léxico: catalán occidental (Cataluna y Valencia) y catalán oriental (las Baleares y Alguér). Esta división influencia al léxico porque cada zona utiliza dos palabras diferentes para el mismo término (espill-mirall ‘espejo’ ; bress-bressol ‘cuna’ ; silló-càntir ‘cántaro’).
Para contrastar el fenómeno castellanizante, sobre todo en el período de la Reinaxença, se nota el uso de algunos términos que derivan de areas del norte como Cerdeña, Gerona, Rosellón.